Premessa
Il comma 1 dell’art. 30 della Costituzione prevede che:
“É dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.”
Pertanto, il nostro sistema legislativo prevede che: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.”
Da quanto stabilito, appare evidente che, in costanza di matrimonio e non, il mantenimento dei figli è rimesso alle rispettive possibilità economiche dei genitori.
Nel momento in cui la i genitori – coniugi decidono di separarsi o divorziare, le cose si complicano, soprattutto dove non riescono a trovare dei punti di accordo.
Così sarà il giudice ad adottare tutti quei provvedimenti che ritiene necessari a soddisfare gli interessi morali e materiali dei figli minori.
Il giudice deve infatti fare in modo che i minori non subiscano troppo gli effetti della separazione e del divorzio, garantendo loro la conservazione delle abitudini e dello stile di vita precedente.
L’Assegno di mantenimento
La modalità con cui tali diritti vengono garantiti tradizionalmente ai figli minori è rappresentata dall’assegno di mantenimento, la cui misura può essere decisa dal giudice o dalle parti in accordo tra di loro.
L’assegno di mantenimento viene erogato mensilmente e include le c.d. spese ordinarie, mentre quelle straordinarie debbono essere preventivamente concordate tra le parti; ed è ormai abitudine di quasi tutti i tribunali avere un protocollo per le spese ordinarie e straordinarie a cui bisogna attenersi.
Tornando all’assegno di mantenimento giova precisare che: i parametri di cui il giudice deve tenere conto nel determinare lo stesso sono diversi. Deve tener conto dei bisogni del figlio e il tenore di vita goduto da costui durante il matrimonio o la convivenza dei genitori. Altri elementi da valutare sono altresì il tempo trascorso dal figlio con ciascun genitore, le rispettive risorse economiche dei genitori e infine i compiti di cura e aiuto domestico assolte dagli stessi.
Dovere mantenimento e maggiore età
In altre parole, i genitori sono chiamati a mantenere i figli minori, e spesso anche dopo il raggiungimento della maggiore età, fintanto che non diventino economicamente autosufficienti, vale a dire sino a che non siano titolari di redditi corrispondenti alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato.
E non assume rilevanza, nella valutazione dell’autosufficienza economica del giovane, il tenore di vita condotto nel contesto familiare di riferimento: un reddito continuativo e conforme al percorso formativo svolto, anche se non particolarmente elevato, è da ritenersi sufficiente a giustificare la cessazione dell’obbligo di mantenimento genitoriale.
Mancato adempimento
Nel caso di inadempimento dell’obbligo di mantenimento da parte del soggetto obbligato, la legge stabilisce che chiunque ne abbia interesse può rivolgersi al Presidente del Tribunale al fine di ottenere che una quota dei redditi del soggetto obbligato, in proporzione all’obbligo su di lui gravante, sia versata direttamente in favore di chi sopporta le spese per il mantenimento della prole.
La giurisprudenza non esclude, inoltre, che la violazione del dovere di mantenimento, nonché di quello di istruzione ed educazione, possa dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali, là dove si profili l’effettiva lesione di diritti costituzionalmente protetti, come quelli enunciati dall’art. 30 della Costituzione (Cass., n. 5652/2012; Cass., n. 26205/2013).
Ma vi è di più! Il genitore che faccia mancare al proprio figlio il “mantenimento” stabilito dal Giudice, rischia di incorrere anche in sanzioni penali, così come previsto dagli articoli 570 e 570 – bis del codice penale.
Il primo dei citati articoli contempla diverse figure criminose atte a sanzionare la violazione degli obblighi di assistenza familiare. Per ciò che interessa in questa sede, il comma secondo, n. 2), prevede le pene congiunte della reclusione fino a un anno e della multa da € 103,00 a € 1.032,00 per chiunque – non importa se unito in matrimonio o meno – faccia mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, oppure inabili al lavoro. Tuttavia, la norma non sanziona l’inosservanza degli obblighi civilistici di mantenimento. Nella nozione penalistica di mezzi di sussistenza, infatti, la giurisprudenza include soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio) e quegli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del genitore, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana del figlio (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione) (in tal senso, Cass., n. 12400/2017; Cass., n. 49755/2012).
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